Capi, Fabiola, Klara, Marta, Jan, Luciano, Massimo, Roberto, Valter P, Valter V
30 maggio 2 giugno 2009
La lingua ceca per noi è da sentire, non da leggere, non ci si capisce niente comunque, ma almeno quelle cascate di consonanti interrotte qua e la da vocali esili prendono un suono dolce, piacevole. Pensieri in libertà inframezzati come un ritornello dal pizzicato di archi che fa da apertura al brano più famoso di Bedrick Smetana, La Moldava. Bellissimo, con l'orchestra che si srotola come il corso del fiume, fluendo all'inizio in mille rigagnoli che man mano si riuniscono e si danno forza l'un l'altro, diventando fiume fino ad assumere la forza del pieno, con tutti gli strumenti a colorare le acque che oramai corrono verso la foce. A noi invece fa da sottofondo il ronfare del furgone che si inerpica per le strade austriache verso il confine con la Cechia, sotto una pioggia fastidiosa ed insistente, che fortunatamente nei pressi di Cesky Krumlov diminuisce un poco. Siamo partiti stamattina sotto un sole pallido, che già verso il confine di Tarvisio era scomparso sotto le nuvole, temperatura in calo, dopo la galleria dei monti Tauri abbiamo visto anche la neve a fianco della strada, e noi andiamo a farci una discesa in canoa....
E' iniziato tutto quasi per scherzo, con Roberto che parlando con Jan, un mio collega ceco, gli dice: senti, perchè non facciamo la discesa della Moldava, Jan non capisce cosa sia questa Moldava, gli risponde che potremmo fare una discesa della Vltava.
Eh, le lingue.
Prima della partenza vedo con Jan il meteo, insomma, danno tempo variabile, con temperature abbastanza basse, e pensare che fino alla settimana scorsa avevamo quasi trenta gradi, mah.
Come detto arriviamo a Cesky Krumlov con la pioggia, Jan e Klara ci guidano fino alla pensione, nel dedalo di stradine del centro storico, scarichiamo, portiamo il furgone al parcheggio ed andiamo a farci un giro della cittadina.Jan, con la sua preparazione artistica ci fa da guida, Klara fa la traduttrice privata di Capi.
Cesky Krumlov è stata una città molto importante nel tredicesimo secolo, i Rozemberk, i nobili locali, erano diventati molto potenti, tanto da spingere il re di Boemia, Otakar Premsyl, a fondare a poca distanza Ceske Budejovice e ad ingrandirla per contrastare le mire dei Rozemberk. Di tutta questa ricchezza rimane traccia nei palazzi che ornano i centri storici delle due città.
La domenica mattina mi sveglio col rumore della pioggia sul lucernaio, guardo l'orologio, sono le sei, magari migliora. Alle sette Jan manda un sms, dice che il tempo è previsto in miglioramento per il giorno dopo e che, soprattutto, tutti i musei sono chiusi il lunedi. Decidiamo di spostare la discesa al lunedi, oggi faremo i turisti, ci diamo appuntamento a Ceske Budejovice.
Ci incontriamo nella piazza del mercato di Budejovice, quadrata, grandissima, contornata da case e palazzi colorati, andiamo a visitare la torre nera, dall'alto della quale si gode di una bella veduta, poi passeggiando passiamo per le vie antiche, arriviamo al magazzino del sale ed al convento.Usciamo dalla vecchia cinta muraria, di cui esiste ancora qualche lembo, passeggiamo lungo la sponda di un ramo della Malse, il fiume che costeggia Budejovice, e ritorniamo alla piazza.
Da li ci spostiamo per andare a visitare il castello di Hlubocka, una costruzione del diciannovesimo secolo in stile romantico neo gotico.
Alla sera, Jan ha prenotato al ristorante “Alle carceri” stinco ed altre carni, tenere e saporite, innaffiate dalla birra. Andiamo a dormire dopo un ultimo giro a piedi per la città.
La giornata promette bene, c'è un sole un po' timido, che man mano prende coraggio, poco dopo incontriamo i noleggiatori, ci danno canoe, pagaie, i barili dove mettere la roba in modo che non si bagni.
La veduta è forte, col castello bianco,in alto sulla collina, che si specchia nelle acque scure della Moldava, iniziamo la discesa e, dopo poche centinaia di metri incontriamo il primo scivolo, un po' di ansia per capire come la canoa si comporta scendendo in quel flusso veloce a poi si inizia a capire il fiume.
Dopo un paio di ore ci fermiamo ad un campeggio per mangiare un boccone, dopo di che, ripartiamo.
Risate, sfottò, si riparte. Poco dopo arriviamo alla cartiera di Vtrny, costruzione enorme, che si affaccia sul fiume.
C'è lo sbarramento e lo scivolo fa una certa impressione, è lungo una sessantina di metri e si viaggia fra due alte pareti di cemento, passiamo comunque tutti indenni, salvo qualche spruzzo d'acqua, proseguiamo.
Giusta o sbagliata, non abbiamo neanche il tempo di dire bai che la canoa salta giù dal piccolo sbarramento, accelera e si rovescia in un istante, spinta da un sasso affiorante.
Fatichiamo un poco a fermarla e spingerla verso riva, per fortuna avevamo legato quasi tutto, perdiamo solo una borraccia, la vuotiamo e risaliamo.
Continuiamo a scendere, arriviamo ai primi sobborghi di Krumlov (cesky perchè siamo in boemia, esiste anche un moravsky in moravia), altro sbarramento. Siamo un poco incerti, non sappiamo se c'è lo scivolo in legno o no, ci fermiamo e scendiamo a vedere, lo scivolo c'è, si riparte.
Qualche grido per l'acqua fredda che entra in canoa, ma tutto sommato siamo quasi abituati, avanti.
Il salto successivo lo fanno solo Valter e Massimo coi kayak, Jan mi dice che è troppo alto per la canadese, lui lo ha fatto pochi mesi prima con Klara e Nick ed erano affondati.
Stanno facendo dei lavori ed il passaggio è cambiato, c'è un flusso di corrente molto forte, con delle grandi onde alla fine.
Detto fatto, sbarchiamo le sacche ed il barile, facciamo un giro lento per metterci in direzione e dentro, la canoa accelera di colpo, scivola sull'acqua, si impenna sulla prima e sulla seconda onda, si rovescia sulla terza... La spingiamo a riva, risaliamo a prendere le nostre robe, e ci imbarchiamo tutti per l'ultimo breve tratto fino all'arrivo. Due battute, una risata e andiamo a recuperare il furgone.
Doccia calda e a cena, ritorniamo “alle carceri” cena tranquilla, siamo tutti ben stanchi, Massimo e Valter si congedano subito dicendo che vanno a letto, noi facciamo due passi. Nella piazza centrale li rincontriamo, non riescono ad orientarsi nel dedalo di stradine, andiamo tutti alla pensione e di corsa a nanna.
Che domani si torna a casa.